giovedì 11 aprile 2013

Le aste immobiliari crescono ma spesso vanno deserte

Il numero di aste immobiliari cresce, manca però la risposta del mercato e le vendite che vanno a buon fine diminuiscono. La tendenza emerge dai dati ed è confermata dalle impressioni dei professionisti che operano nel settore.

Nel primo semestre 2012 (ultima rilevazione disponibile del ministero della Giustizia, seppur con dati in parte provvisori) le vendite giudiziarie di beni immobili "emesse", cioè disposte dal giudice, sono state 22.895. Nell'intero 2011 ammontavano invece a 38.814. Se si assume che le pratiche siano avanzate con lo stesso ritmo anche nella seconda parte del 2012, si può ipotizzare un trend di crescita del 18 per cento. Se si considerano invece le vendite "attuate", cioè andate a buon fine, il risultato è opposto: raddoppiando i 6.477 atti registrati dal ministero nei primi sei mesi dell'anno scorso ci si ferma abbondantemente sotto (-4,5%) al dato 2011, pari a 13.568. 
Nonostante quindi aumentino le case che finiscono per essere oggetto di procedure esecutive, le aste non funzionano come potrebbero. Questo nonostante gli sforzi di aumentare pubblicità e trasparenza delle procedure e agevolarne quindi la diffusione tra i privati. E nonostante le occasioni non manchino, con ribassi dal 30 al 50% del valore stimato del bene. Da un lato la crisi delle compravendite (-25,8% del 2012 certificato dall'agenzia delle Entrate) e la difficoltà d'accesso ai mutui colpiscono anche le aste, dall'altro permane una diffidenza di fondo e spesso lo scrupolo di "approfittare delle disgrazie altrui", con la paura, a volte, anche di ritorsioni. Del tutto infondato e alimentato da pregiudizi duri a morire è invece lo scetticismo sulle difficoltà di partecipazione a operazioni gestite (o gestibili) solo da "addetti ai lavori" o il timore di incappare in beni viziati da ipoteche o altro: casomai è vero il contrario, dato che il provvedimento del giudice "sana" la posizione dell'immobile.
«Senza dubbio – argomenta Stefano Magnolfi, direttore Real estate services di Crif, società specializzata nelle informazioni creditizie – c'è la componente emotiva del compratore che contrasta con l'approccio razionale dell'acquisto all'asta. Occorre però anche dire che per le banche l'asta è il fallimento della possibilità di trovare l'accordo e rientrare dal credito rapidamente: per evitare tempi lunghi, con le aste che vanno magari deserte, e ribassi molto elevati, si cerca di prevenire la procedura esecutiva e concordare la vendita».
In base ai dati di Crif, sono in calo i pignoramenti «rilevati dalle banche per i mutui non onorati»: dai 25.936 del 2010 si è passati ai 29.095 del 2011, per poi scendere ai 28.237 del 2012. Nello stesso periodo, però, il tasso di default dei mutui è salito dall'1,6 all'1,9%, segno che la discesa dei pignoramenti non è dovuta alla migliorata qualità del credito, ma ai tentativi delle banche di percorrere strade alternative. Se si tiene poi conto che l'insolvenza sui mutui si manifesta in genere nei primi tre anni di contratto, è ancora più evidente come un eccessivo calo del valore all'asta non fa l'interesse né della banca né del debitore.
«Le indicazioni di Bankitalia agli istituti di svalutare gli immobili a garanzia dei crediti – dice Magnolfi – sono legate non solo all'andamento dei prezzi, ma alla possibilità di poterne recuperare solo piccola parte in caso di asta, soprattutto se i crediti iscritti a bilancio sono legati a valutazioni già elevate ai tempi del boom e quindi oggi ancor più fuori mercato». Un altro nodo è infatti legato a valutazioni che a volte possono rivelarsi poco trasparenti. «In Italia – continua Magnolfi – i tecnici abilitati a valutare gli immobili sono il doppio delle perizie richieste in un anno; chiaro allora che se mancano un metodo certo e una banca dati condivisa ci possono essere prezzi di partenza inadeguati. Ci sarebbe bisogno di una maggiore selezione nell'accreditamento dei consulenti tecnici dei Tribunali».
A complicare le cose c'è poi il fatto che tra l'inizio delle procedure esecutive e l'asta possono passare anni, in media almeno un paio, ma in alcuni Tribunali si arriva anche a molti di più. I dati fotografano quindi insolvenze ormai vecchie e si può arrivare al momento della vendita con perizie disposte molto tempo prima, con valori ormai superati. Si può spiegare così, almeno in parte, il fenomeno delle aste deserte: e dopo lo sconto, in genere del 20-30%, il prezzo si abbassa ancora di un altro 25%.
«A fronte di un mercato fermo – commentaVirgilio Luvisotti, presidente onorario dell'Associazione nazionale degli istituti vendita giudiziaria – dove il meccanismo delle aste funziona, le vendite si fanno. Ad esempio, a Bologna è stato appena venduto un immobile per 100mila euro in più della base d'asta, a Forte dei Marmi è stata da poco aggiudicata una villa per 7,2 milioni. Le difficoltà nascono dove c'è troppa frammentazione negli incarichi o dove le risorse dei Tribunali non sono sufficienti. Se invece l'Istituto di vendita giudiziaria è attivo sul territorio e si occupa bene della custodia, diventa una sorta di agenzia a cui rivolgere le proprie richieste. Dove l'iter si inceppa invece si crea confusione. Basti pensare che in a Roma è stata appena concessa l'autorizzazione del ministero per costituire un istituto di vigilanza dopo due anni che questo era assente».
E, forse, anche il moltiplicarsi dei siti dove vengono pubblicizzati gli stessi annunci d'asta non aiuta a chiarire le idee.
Fonte Casa 24

lunedì 8 aprile 2013

Nomisma: pubblicato il I Rapporto sul mercato immobiliare 2013


l quadro delineato dal Rapporto è poco confortante: meno liquidità e previsioni di prezzi ancora in calo.
Secondo quanto afferma Luca Dondi, responsabile settore immobiliare di Nomisma: “Il ridimensionamento dei prezzi non è, in assenza di un ripensamento delle politiche creditizie, un elemento sufficiente a riportare verso il comparto una quota significativa della domanda potenziale. Nonostante il quadro recessivo e la continua erosione del reddito disponibile, l’interesse per l’acquisto immobiliare delle famiglie italiane risulta più che doppio rispetto agli attuali livelli di attività“.
In sostanza, è dal settore bancario, più che da interventi di repricing, che dipende la possibilità di rilanciare nel medio termine il mercato immobiliare.
Nel 2012 e nei primi mesi del 2013 si sono ulteriormente allungati i tempi di vendita: nelle 13 città intermedie che Nomisma utilizza come campione, i tempi di vendita si sono attestati tra i 9 mesi delle abitazioni (senza grosse differenze tra nuove e usate) e i quasi 13 mesi dei capannoni industriali. I tempi medi per le locazioni son un po’ più contenuti: circa 3,5 per le abitazioni e quasi 9 per i capannoni.
Le aspettative di realizzo da parte dell’offerta devono fare i conti con una domanda debole e con capacità di spesa limitate. Questo comporta che chi intende vendere è costretto a praticare uno sconto elevato sul prezzo richiesto.
Le prospettive per il biennio 2013-2014 non sono ottimistiche, a meno di svolte significative nelle condizioni che influiscono sul mercato immobiliare stesso. Le aspettative relative a reddito delle famiglie, livelli occupazionali, erogazioni degli istituti di credito e transazioni immobiliari sono peggiorate e questo comporta che anche per i prezzi si accentui un andamento deflattivo.
Secondo Nomisma, l’anno 2013 si chiuderà in tutti i comparti con una caduta media vicina ai 5 punti percentuali; nel 2014 la flessione si dovrebbe invece attestare poco al di sotto del 4%.
Fonte ATTICO

mercoledì 3 aprile 2013

Visco ordina il crollo dei prezzi per salvare le banche: svalutate gli immobili del 50%.

Nonostante il crollo delle compravendite sia stato una batosta nel 2012, tutto sommato i prezzi hanno relativamente tenuto. la resistenza relativa, se paragonata a paesi in cui si sono visti i listini andare giù del 30-50%, è dovuta vari fattori. certamente il risparmio privato è uno di questi, ma finora è stata anche la banca a non volere una forte svalutazione. sembra che però i nodi siano venuti al pettine e la stessa banca d'italia ordina: svalutate gli immobili, il governatore Ignazio Visco ha dato infatti l’indicazione ai banchieri di procedere con pesanti accantonamenti e svalutazioni degli immobili a garanzia dei crediti, anche del 50%. che cosa significa in pratica? facciamo un esempio: una banca ha concesso un mutuo di 200.000 euro per un immobile acquistato nel 2007, del valore di 250.000 euro. nei suoi bilanci scriverà di avere dei crediti di 200.000 euro meno la quota già pagata. ma se l'immobile a garanzia nel frattempo si svaluta, si crea il negative equity, cioè la situazione in cui l'immobile vale meno del mutuo erogato per acquistarlo.
In Spagna, Irlanda e negli USA ci fanno i conti da cinque anni, questa situazione non conviene al proprietario, ma neppure alla banca, salvo però che gli altri agenti del mercato non comincino a farle notare che i suoi cosiddetti attivi cominciano ad essere passivi: tappare si può, ma fino a un certo punto.
Visco con le sue indicazioni, ha dunque dato il via ad una nuova fase, in cui si assume che si potrebbe verificare un crollo dei prezzi che gli istituti bancari devono tenersi pronti a coprire con maggiori accantonamenti, i problemi degli istituti delle banche italiane non sono solo quelli del monte dei paschi. Le sofferenze dei prestiti concessi negli anni passati, alcuni con troppa leggerezza, altri indeboliti dalla crisi, ne mette a rischio i bilanci.
Ecco allora che è necessario mettere in conto degli accantonamenti per coprire queste falle e rafforzarsi in vista di problemi futuri, per questo le banche non concedono da tempo prestiti, né alle famiglie né alle imprese, e l'annuncio del governatore Visco annuncia tempi peggiori, perché significa che il credito disponibile per il mattone sarà ancora meno nei prossimi mesi, scrive in proposito il quotidiano economico milano finanza: mentre si rafforza la banca, si indebolisce il già fiacco mercato del credito real estate, a cui si aggiunge la crisi perdurante con il crollo della domanda. risultato, le transazioni immobiliari sono al minimo storico, notizia funesta per un settore che da sempre è il primo indicatore della salute economica di un paese. 
Salviamo le banche (è più giusto dire ordiniamo alle banche di proteggersi dai rovesci globali) al prezzo di comprimere la crescita. a rimetterci, come al solito, è chi ha le spalle meno larghe.